Famosa soprattutto per il romanzo “Piccole Donne” e la saga delle sorelle March, fu una fervida attivista femminista e convinta sostenitrice dell’abolizione della schiavitù
Il padre Bronson Alcott, insegnante e squattrinato, autodidatta filosofo trascendentalista, non si preoccupò mai di guadagnarsi da vivere. Fu la madre Abigail May, assistente sociale e attivista per i diritti delle donne e delle persone di colore, a farsi carico da sola del sostentamento del marito, di Louisa e delle altre tre figlie. Louisa iniziò a lavorare a 16 anni. Come lavandaia, ricamatrice, insegnante. Ma quello che più le riusciva meglio era scrivere, dare forma alla sua sfolgorante immaginazione. Sin da piccola era stata un’indomabile in lotta costante con il mondo, attratta dall’avventura, allergica alle imposizioni e avida di sapere.
Nella cerchia delle amicizie paterne c’erano filosofi come Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson, da loro Louisa poté prendere lezioni ed ebbe anche la possibilità di ascoltare donne come la scrittrice femminista Margaret Fuller o Angelina Grimkè, la prima attivista che negli Stati Uniti parlò in pubblico a favore dell’abolizione della schiavitù, causa che fu cara a tutti gli Alcott, Louisa compresa.
Alla fine degli anni Quaranta dell’Ottocento, Louisa si interessò ai diritti delle donne, soprattutto legati all’estensione del diritto di voto, diventando la prima donna a iscriversi negli elenchi per l’elezione di un consiglio d’istituto scolastico a Concord. Negli anni Cinquanta la famiglia ebbe di nuovo gravi problemi finanziari, Louisa stessa non riusciva a trovare un lavoro, ebbe un periodo di depressione e meditò persino il suicidio. La morte della sorella più giovane, Elizabeth, e il matrimonio di quella più anziana, Anna, furono un punto di svolta per Louisa May Alcott e i suoi rapporti familiari.
Louisa era diventata una convinta sostenitrice dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti e una femminista, iniziando a scrivere articoli e brevi saggi per la rivista Atlantic Monthly. Lavorò come infermiera durante la Guerra Civile, ma per meno di due mesi tra il 1862 e il 1863, perché poi si ammalò gravemente di tifo, malattia che la costrinse a una lunga convalescenza. Nel 1868 scrisse il primo libro di Piccole donne, un racconto semi-autobiografico della sua infanzia vissuta con le altre tre sorelle a Concord. La seconda parte, Piccole donne crescono (Good wives) fu pubblicata nel 1869 e racconta la storia delle quattro sorelle nella loro età adulta e dopo il matrimonio. Alcott scrisse in seguito altri due romanzi sulla storia delle quattro sorelle, terminando la saga nel 1886.
Alcott, fagocitata a lungo da quel libro in cui si staglia gigante come un faro per tutte le ragazze ribelli la scrittrice appassionata Jo March, il suo alter ego più smagliante, ha anche dato vita a thriller e racconti neri, da lei definiti «storie di sangue e tuoni», abitati da un mondo di sensuali protagoniste indomite e indipendenti che sfidano con intrighi e vendette i pregiudizi patriarcali della società del loro tempo scritti con lo pseudonimo A. M. Barnard
Il suo primo grande sogno all’inizio fu fare l’attrice, mettendo su una compagnia che portava in scena drammi scritti e diretti da lei. Ma fu la scrittura ad avere la meglio. Anche se ci fu chi la scoraggiò. L’editore James T.Fields le disse che la scrittura non era la sua strada quando bocciò il manoscritto in cui Alcott raccontava dei maltrattamenti e dei tentativi di molestie sessuali subiti dall’avvocato James Richardson per cui aveva lavorato come governante. Ma lei non si arrese, creò le sue eroine dark e cercò di raggiungere quello che si era promessa da quando aveva incominciato a scrivere: diventare ricca e famosa. Il primo vero assaggio del successo arrivò nel 1863 con la raccolta di lettere, firmata con il suo vero nome, Hospital Sketches, una rielaborazione dell’esperienza che Alcott ebbe come infermiera durante la Guerra Civile americana in un ospedale di guerra.
Scrisse Piccole donne a 36 anni in una manciata di mesi, accettando senza entusiasmo, solo per soldi, la richiesta dell’editore Thomas Niles che le aveva proposto di lavorare a un libro per ragazze. La storia della sorellanza di Meg, Jo, Beth e Amy, ispirata a quella reale sperimentata da Alcott con le sue sorelle, divenne un caso letterario.
Louise Alcott è stata una straordinaria precorritrice. In un’epoca che offriva opzioni limitate alle donne, restringendole spesso all’unica scelta del matrimonio, non si sposò e costruì da sola la sua vita. Si autorecluse nella scrittura, lamentando di non avere tempo per sé. Non riuscì mai a fare pace con il suo talento e ad affrancarsi dal carico familiare che si era imposta, anteponendo a se stessa i bisogni del padre, della madre, delle sorelle, dei nipoti, come racconta la studiosa Martha Saxton in Louisa May Alcott – Una biografia di gruppo. Non amava la curiosità di ammiratori e cronisti, così bruciò parte del suo archivio personale per essere pienamente padrona della sua vita anche dopo la morte, avvenuta nel 1888 a soli 55 anni.