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P.A. Quarantotti Gambini, un italiano spezzato

7 Luglio 2021
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Scrittore di mare, poeta di frontiera, l’adolescenza degli «anni ciechi», dell’indeterminatezza, e poeta della sessualità

Nato a Pisino d’Istria nel 1910 da una famiglia irredentista di origini nobili, Quarantotti Gambini godette sin da ragazzo della benevolenza di Umberto Saba, Richard Hughes ed Eugenio Montale, che credettero  da subito nel suo talento letterario. “Tu sei fra i giovani,” gli scrisse Saba nel 1930, “una delle poche persone delle quali è lecito sperare un po’ di bene: e la novella che hai scritta (sic) è di questa speranza un’indimenticabile conferma”. Trasferitosi a Trieste a 19 anni, Q. G., come lo chiamavano gli amici, tra il 1929 e il 1932 pubblicò sulla rivista “Solaria”, dietro la spinta di Eugenio Montale, a sua volta sollecitato da Saba, i racconti I tre crocifissi, Il fante di spade e La casa del melograno, che confluiscono nel suo primo volume, I nostri simili, uscito nella collana delle edizioni di Solaria nel 1932. Montale lo recensì entusiasticamente sulla rivista “Pegaso” nel 1933, decretandone il successo di critica.

Da allora divenne uno degli autori più contesi dalle case editrici e dai “cinematografari”, come li chiamava Roberto Bazlen, fondatore assieme a Luciano Foà dell’Adelphi, che gli fu amico, nonché editor tutta la vita.

Numerosi film furono tratti dalle sue opere: Les Régates de San Francisco (1960) diretto da Claude Autant-Lara, liberamente ispirato a L’onda dell’incrociatore, La calda vita (1964) di Florestano Vancini, e La rosa rossa (1973) di Franco Giraldi.

Giulio Einaudi era così soddisfatto che si propose a Quarantotti Gambini come editore unico, senza essere ricambiato nel suo entusiasmo: “Sento il bisogno per temperamento e per quella tranquillità di spirito che mi è indispensabile per il lavoro artistico di sapermi libero, non vincolato. Non pensi che io voglia usare questa libertà: mi basta averla.” Le condizioni si rovesciarono pochi anni dopo, quando l’Einaudi rifiutò di pubblicare Primavera a Trieste. A Torino non piacque la forma diaristica del libro, o forse la casa editrice non amava una presa di posizione così dura contro il comunismo iugoslavo.

Pier Antonio Quarantotti Gambini ci ha lasciato anche una raccolta di poesie, Racconto d’amore, pubblicata nello stesso anno della morte, avvenuta a Venezia (insediatosi dopo esser scappato dalla sua terra natìa) nella primavera del 1965.

LA CALDA VITA
P.A. Quarantotti Gambini, Einuaudi, V edizione 1970, prezzo: 15€

Un titolo che fu ispirato da un verso dell’amico Umberto Saba (“non sono quella che un tempo tu amavi, la calda vita?” ) e che diede al romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1958, una nuova vita.
Uno splendido scenario marino fa da sfondo al romanzo, un isolotto sulle coste dell’Istria, dove una ardimentosa e affascinante ragazza approda durante una gita in barca con due coetanei. Il loro soggiorno sull’isola si prolunga in un seguito di giorni e di notti che sono tappe d’una sorprendente e drammatica inizializzazione.

Belli anche i personaggi di contorno e la descrizione della Storia di un trentennio di vita triestina, delle sue regole dettate da ceti sociali…
Un’opera intensa che interrompendo la vena più politica dell’autore, si riallaccia a quella più sensuale e “mediterranea”.

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